A mangiare polenta tra gli affreschi del NOX, la taverna leonardesca

La primavera è quasi finita e l’estate è già alle porte. Nonostante il caldo, Milano è un brulicare di persone, di gente ben vestita che si sposta in ogni direzione senza mai fermarsi.

A vederla dall’alto sembra quasi una massa informe di formiche operaie instancabili, ognuna presa da mille impegni e ben concentrata sui propri passi, per andare chissà dove.

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La regola universale sembra essere: non perdere tempo, non farti distrarre, perché il tempo qui a Milano finisce troppo in fretta.

Eppure, io preferisco godermi ogni istante e lasciare che il tempo segua il proprio corso, soprattutto quando mi metto a cantare o quando restauro strumenti a corda. Il tempo sembra volare, ma preferisco non badarci più di tanto e lasciarlo libero di andare.


La sorpresa del Maestro

Forse è così anche per Leonardo, il mio Maestro, che la scorsa settimana è arrivato in città facendomi una sorpresa inaspettata. Già, il giorno seguente al suo arrivo, si era sparsa la voce sul suo talento innato.

Anch’io sono un artista e un artigiano della musica, ma non della sua levatura. Lui è un artista poliedrico, non è soltanto un pittore e uno scultore eccezionale, ma anche un musicista dalle qualità straordinarie.

Dalla Toscana si è portato dietro una lira in argento interamente costruita con le proprie mani, uno strumento mai visto e dalla forma inconsueta.

Subito dopo essere arrivato, e dopo avermi abbracciato come farebbe un padre amorevole con il proprio figlio, mi ha parlato di un concorso di musicisti che si sarebbe tenuto a Milano nel fine settimana. Non vedeva l’ora di andarci e io non vedevo l’ora di accompagnarlo.

Quella sera, è riuscito a suonare così bene da battere tutti gli altri concorrenti in gara.

Ancora mi chiedo se ci sia qualcosa che quell’uomo non sappia fare.

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Una pausa meritata

Nonostante questa città gli piaccia così tanto da volerci rimanere, sembra quasi che Leonardo non riesca a integrarsi più di tanto.

Sta giorno e notte rintanato nel suo laboratorio a studiare meccanica, a ideare, scolpire, dipingere, intagliare. In questi giorni, sta perfino lavorando al progetto di un cavallo di bronzo per un committente ma, oggi, voglio portarlo in giro per la città.

Sulla strada che conduce alla Darsena e a Porta Ticinese c’è una particolare locanda, il NOX, di cui mi hanno sempre parlato bene. È un’ottima scusa per far passare il tempo tra musica e buon cibo e dimenticarsi, per qualche ora, di lavori e scadenze da rispettare.

Arrivati davanti all’ingresso ci assale l’invitante profumo di carne alla brace. Il Maestro, da buon fiorentino, non perde tempo e mi fa subito strada per entrare.

Una cena medievale al NOX, l’ex sagrestia milanese

Al NOX l’atmosfera è quella di una taverna, ma ci sono dei particolari che non mentono. Questa era una sagrestia poco tempo fa. La splendida volta d’ogiva sulle nostre teste, le acquasantiere, le arcate, gli epistili, le decorazioni gotiche scolpite sul marmo e le nicchie scavate nei muri la dicono lunga sulla natura di questo posto.

Ci invitano a sederci ad un tavolo in legno, proprio di fronte a tre bellissime monofore di vetro. Leonardo sembra davvero felice di aver accettato la mia proposta e non pensavo affatto di riuscire a sorprenderlo. Sono certo che, quando assaggerà i piatti che preparano in questo, non vorrà più andare via da Milano.

Dopo qualche minuto, ordiniamo una polenta di grano saraceno, cucinata alla griglia con salsiccia e funghi trifolati, e una tagliata di manzo con rucola e grana. Nell’attesa, ci portano anche due birre chiare.

La sua titubanza nell’ordinare ogni piatto mi diverte, forse perché non è abituato a sperimentare piatti innovativi come questi. È ancora troppo legato ai suoi insaccati toscani di carne macinata o al vino aromatizzato alla cannella, ma se ne dimenticherà presto.

La serata scorre piacevolmente e il tempo sembra quasi essersi fermato. Anche se soltanto per qualche ora, Milano finalmente riposa. E anche lui.


La taverna di Leonardo: un pub medievale senza tempo

Ci siamo innamorati di questo posto, soprattutto lui.

Durante la serata abbiamo chiacchierato con i proprietari della locanda, che ci hanno svelato l’origine della taverna: in principio, era un’ex sagrestia. Abbiamo preferito mostrare i nostri volti sorpresi, come se non l’avessimo mai intuito.

Poi è venuto fuori che Leonardo fosse un pittore, che studiasse meccanica, inventasse macchine volanti e che la sua mano fosse già desiderata da tantissimi committenti. Così, dopo la cena, ha trascorso circa due ore a passeggiare tra i tavoli e tra le colonne in marmo, perlustrando ogni nicchia, ogni angolo nascosto e accarezzando le pareti come se cercasse l’ispirazione per creare.

Ho preferito non fare domande, ma dopo ho capito: Leonardo voleva affrescare la taverna di Milano e realizzare qualcosa di sorprendente per ringraziarli dell’ospitalità ricevuta.

NOX: Tra dipinti di donna e macchine volanti

È come se Milano lo invitasse ad innovare e assecondasse il suo genio creativo.

Da quella sera, Leonardo trascorse diverse giornate del suo lungo soggiorno a Milano in quella che venne poi chiamata “La taverna leonardesca”.

In quelle settimane, che diventarono mesi e poi anni, ho visto le pareti della locanda trasformarsi giorno per giorno.

Costruì persino un prototipo di macchina volante che poi riprodusse dopo diversi anni e che chiamò Il Grande Nibbio. Si ritrasse su una parete e dipinse vergini sorridenti dai lunghi capelli, ma anche una madonna col bambino.

Da una nicchia si scorgeva il volto di una vergine dallo sguardo un po’ inquietante, che gli somigliava parecchio, ma non ricordavo avesse una sorella a Firenze.

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Quando gli chiesi chi fosse quella donna, mi disse che preferiva non parlarne. Pensai giorno e notte a quella risposta, anche quando tornò in Toscana e nella sua amata Firenze, e per me resta ancora oggi un mistero irrisolto.

Non l’ho più visto da allora, ma mi è giunta voce che stia facendo cose straordinarie e che presto tornerà nuovamente a Milano.

Sono sicuro che sentirò ancora parlare di lui.