Una notte tra cucina argentina e balli proibiti a El Porteño Prohibido

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Un’elegante figura femminile procedeva a passo lento, tra gli alti palazzi di una strada cittadina. Era sperduta, quasi impaurita. Quasi perché il suo sguardo, agli occhi dei più, terrorizzato, nascondeva il suo spirito forte e determinato. Vincendo la paura a ogni passo, avanzava ora più spedita sul marciapiede illuminato dai lampioni cittadini, con il solo rumore dei suoi tacchi a farle compagnia.

El Porteno ristorante argentino a Milano

A fermarla fu un suono che le era molto familiare. Un piano. Suonava una milonga.

Non ci pensò un secondo di più e decise di entrare sotto la piccola volta, alla ricerca di quella musica che era la sua vita. Giunta all’ingresso, due lanterne ai lati del portone in ferro battuto sembravano indicarle il porto sicuro che stava cercando.

La luce era rossa, intensa, come la musica che proveniva dall’interno e come l’odore inconfondibile della cucina argentina. Su un barile sulla destra c’è una scritta. El Porteño.


El Porteño Prohidido: un rifugio sicuro

Una volta varcata la soglia, la sala le sembrò infinita. Sedie e tavoli a perdita d’occhio e un palco, un grande palco, da cui proveniva la musica che l’aveva guidata fin lì. Le pareti scure,  che sembravano sparire quasi del tutto al calare delle luci, erano vestite da lunghi drappi rossi che incorniciavano le alte finestre.

Anche il palco era avvolto in un sipario di un rosso passionale, tanto quanto la musica che proveniva da quel magnifico strumento. Rosse erano anche le sedute, in legno laccato e velluto che ricordavano le stesse della sua milonga di Calle Europa.

Sul tetto campeggiavano numerosi fari luminosi, pronti a illuminare il palco perché tutta la sala potesse ammirare lo spettacolo che sicuramente stava per avere luogo.

Tutto, infatti, sembrava pronto per accogliere numerosi ospiti. Mentre il suo sguardo si soffermava nuovamente sul pianista che prova ancora una volta il suo brano, un cameriere ben vestito le si avvicinò e le disse Benvenuta a El Porteño Prohibido, signorina.

el porteno milano ristorante

La cucina argentina di un tempo

La serata non è ancora cominciata, ma se vuole può già accomodarsi le disse il giovane porgendole un menù. Tra mollejas salteadas e asado, una scritta in cima alla prima pagina la sorprese particolarmente: Menu Noche de Tango.

Subito volle saperne di più e il cameriere, pazientemente, la introdusse al ristorante di cucina argentina migliore di Milano. Questo è il terzo di una serie di locali dal nome El Porteño e che hanno portato non solo la cucina, ma anche l’atmosfera e le tradizioni dell’argentina di un tempo.

Oltre al Prohibido, vi sono anche il Darsena e l’Arena. Ognuno di loro ha un’anima differente, nel tentativo di mostrare al pubblico milanese ogni sfaccettatura della cultura argentina. El Porteño Prohibido desidera mostrare il vero tango argentino a Milano, riproponendo quello spirito clandestino e misterioso che circondava le milonghe dei primi del ‘900 in una Buenos Aires particolarmente intransigente.

Mentre il ragazzo stava ancora parlando, lei lo zittì con un gesto della mano. I ballerini stavano salendo sul palco per provare i passi per la serata.

Come si chiama questa milonga? chiese la giovane.

Prohibido è il suo nome rispose; narra della vita di una vera leggenda del tango argentino, Marìa La Vasca.

La leggenda di una giovane milonga

Marìa Rangolla, questo è il suo vero nome, è stata una tanguera tra le più famose della storia del tango argentino. La sua milonga, dove la notte, in segreto, si riunivano i tangueri di tutta Buenos Aires, ha visto suonare i migliori musicisti della storia di questa danza passionale e proibita. Rosendo Mendizábal era il pianista della casa del tango di Marìa detta “La Vasca”, e si dice che proprio lì compose la sua milonga più famosa, El Entrerranob, che si dice avesse dedicato a uno dei ballerini assidui frequentatori di quel luogo.

Quando ancora una danza tanto carica di erotismo era bandita nei primi decenni del novecento, Marìa e la sua scuola rappresentavano un porto sicuro per tutti coloro che volessero portare avanti questa meravigliosa tradizione. Ed è grazie a lei a quelle leggende che oggi la cultura del tango è riuscita a diffondersi in tutto il mondo.

Passato e futuro si incontrano

Per un breve momento, quella fragile, giovane donna si riconobbe in quel nome, Marìa La Vasca, e capì perché si trovava in quel luogo. La passione che quel palco emanava l’aveva richiamata presso El Porteño Prohibido.

Sorrise al pensiero che la sua cultura, quella del tango, sarebbe sopravvissuta tanto a lungo, fino a giungere in luoghi tanto distanti da casa sua. Così si sedette e ammirò i ballerini per tutta la durata delle prove, con un brivido ai piedi che le chiedeva disperatamente di unirsi a loro.

Le si sedette accanto un uomo ben vestito, attento anche lui alla performance, che subito riconobbe come concittadino e tanguero. Si presentò come Miguel Angel Zotto, direttore artistico del  El Porteño Prohibido. Lui l’aveva riconosciuta subito, certo non aveva bisogno di presentazioni.

Era stata sua l’idea, le raccontò, di portare il tango argentino a Milano, vera città porteña d’Italia. Perché tra i due paesi corre un legame fortissimo e vale la pena tenerlo in vita e fare di Milano un’altra capitale del tango nel mondo. Se oggi ciò è possibile è grazie al coraggio di coloro che, come Marìa, hanno continuato a lottare e ballare.

Sarebbe voluta restare tutta la notte, ma il suo tempo lì era terminato. Così si congedò da Miguel, tradendo una certa tristezza. Ma un pensiero la rincuorava. Il tango vivrà. E io con lui.

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